Annemarie Sauzeau, 2004
Eventi
Seguo il lavoro di Peter Flaccus dalla metà degli anni Novanta, da quando egli lascia New York per Roma e comincia a utilizzare la cera come mezzo pittorico sostitutivo della pittura ad olio. Con pazienza e determinazione, avvia allora un’indagine maniacale sulla tecnica dell’encausto, inventando tutta una serie di procedimenti che gli permettono di andare oltre i limiti che sono della pittura.
Flaccus si accorge da subito che la natura relativamente lenta e ingombrante dell’encausto è paradossalmente un vantaggio perchè richiede al pittore di pensare ogni movimento della mano nell’esecuzione del quadro. Inoltre sa immediatamente sfruttare due importanti caratteristiche della cera come mezzo pittorico: da un lato la sua fisicità malleabile, dall’altro la sua capacità di essere sia opaca sia trasparente e perciò di poter catturare, modellare e persino emanare luce.
In questo senso mi aveva molto colpito, nelle composizioni blu degli anni Novanta, la sostanza fisica dell’encausto, con le evidenti variazioni di consistenza e profondità, vertiginose come fondi marini.
Così come le composizioni precedenti erano basate su un ampia gestualità, nella migliore tradizione del Novecento astratto e della stessa generazione americana dell’artista, così in qualche modo anche gli odierni cerchi di Peter Flaccus si presentano a prima vista come geometria elementare, ancorata nella pratica astratta che fu quella del primo Novecento poi utilizzato da generazioni di pittori (si pensi al fecondo "target format", noto fin dagli anni Sessanta). Ma non è così.
Questi cerchi non sono di natura euclidea. La loro superficie non è ne piana ne uniforme, mentre leggere asimmetrie impediscono loro di rimanere rigidi e inerti. Piuttosto fanno venire in mente delle bolle di sapone, delle onde concentriche che si propagano, cellule, amebe, macchie, tronchi d’albero appena tagliati, esplosioni cosmiche, insomma fenomeni organici e dinamici, vivi e pulsanti.
Credo che Peter Flaccus non abbia mai pensato la pittura come la perpetuazione di un suo raggiunto stile personale. Ciò che lo interessa è la ricerca, il confronto con la materia trattata. Gli piace sperimentare e risolvere i problemi passo dopo passo, guidato nelle sue scelte da una sicura intuizione. La sua tecnica e la sua immaginazione si sono sviluppate in simbiosi nel tempo e sono ora inseparabili.
La sua ambizione oggi più che mai è quella di creare un’arte che abbia la stessa organicità di un prodotto della natura. Nello stesso tempo essendo artista profondamente non-concettuale, non ha pregiudizi contro la bellezza visiva in arte; al contrario, guarda con piacere al connubbio fra colore, forma e materiale quando questi emergono naturalmente dalla logica rigorosa del processo artistico.
Chi avrà modo di osservare in questa esposizione gli ultimi lavori di Peter Flaccus, resterà colpito da due novità; innanzitutto, l’artista ha introdotto un forte elemento di casualità nella realizzazione delle immagini, versando letteralmente la pittura invece di usare il pennello, rinunciando così al gesto pittorico e alle tradizionali regole di composizione del quadro. Pur avendo raggiunto un alto grado di padronanza della tecnica esecutiva, nella composizione si limita oggi a mettere in moto un processo che dà risultati imprevedibili e irriproducibili. Le immagini ottenute non sono soltanto metafore di fenomeni naturali, ma "avvengono" esse stesse in quanto fenomeni naturali. Ecco perche qualche titolo "Eventi".
La seconda novità di questa esposizione consiste nella riscoperta del colore. Nonostante il colore abbia avuto un ruolo importante nei suoi primi lavori a encausto (una delicata tavolozza di bianchi, di colore sabbia, di grigi, blu e neri), la mostra odierna rappresenta un esplosione a scoppio ritardato del colore, una deliberata celebrazione di tutte le combinazioni di tonalità, brillanti o spente. Qui il colore pulsa, respira e magicamente dà vita alla forma.